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Home » Approfondimenti » La riforma dell’articolo 31 del codice deontologico degli psicologi

La riforma dell’articolo 31 del codice deontologico degli psicologi

16/03/2022 scritto da Jessica Ciofi

L’11 marzo ho avuto il piacere di seguire un webinar organizzato da Marco Pingitore su questo importantissimo articolo del nostro Codice.

Sono certamente molti gli articoli che richiederebbero una revisione, ma questo è senza
dubbio uno dei maggiormente sensibili.

Posto che suggerisco la visione per intero a tutti i colleghi mi preme sottolineare alcuni dei punti emersi che ritengo meritevoli di approfondimento e dibattito da parte della categoria intera.

L’articolo 31, lo ricordo, riguarda l’acquisizione del consenso informato da parte di minori o di persone interdette.

I punti in questione sono i seguenti:

  • Mentre la L.219 del 2017 sul consenso informato parla espressamente di prestazioni sanitarie, il nostro codice parla di prestazioni professionali (Pingitore sottolinea che in base a come è scritto attualmente l’articolo anche per fare una lezione sul bullismo in una scuola sarebbe necessario richiedere il consenso). Ricorda Catello Parmentola che naturalmente, dati i molti ambiti della psicologia in cui operano gli psicologi, la differenza è considerevole, il codice esubera dunque l’ambito normativo. Mentre secondo la sua opinione il codice dovrebbe ricalcarlo, liberando tutte quelle prestazioni che non si possano considerare propriamente sanitarie, opinione sulla quale personalmente concordo. Rispetto alla questione delle prestazioni sanitarie e non sanitarie, da una parte le prestazioni di psicologia giuridica vanno fatturate con iva in quanto l’agenzia delle entrate ritiene non si tratti di professioni sanitarie (anche laddove intervenendo per esempio sulla valutazione delle competenze genitoriali è evidente che abbiamo in mente la salute dice Federico), dall’altra abbiamo alcune prestazioni di psicologia scolastica da considerarsi non sanitarie, mentre altre come l’osservazione in aula sappiamo esserlo. Tullio Garau sottolinea che sarà necessario definire quali delle nostre prestazioni siano da considerarsi sanitarie e quali no.

Il tema delle prestazioni sanitarie e non sanitarie della nostra professione è a mio avviso un tema vastissimo e dal difficile inquadramento. Se per “sanitario” intendiamo infatti tutto ciò che a qualche livello, non importa quale, ha a che fare con il concetto di salute latu sensu, potremmo lasciare inalterata la dizione che parla di prestazioni professionali tout court.

Se viceversa attribuiamo al termine sanitario un significato maggiormente legato ai concetti di patologia e trattamento della stessa, rischiamo di tagliare fuori molti ambiti che probabilmente meriterebbero di rientrarvi.

Dove mettere dunque il confine? Una sfida non da poco e che potrebbe avere una
considerevole ricaduta ben oltre la revisione dell’art.31.

  • I modi di acquisizione del consenso: troppo spesso sembra ci si concentri sul far firmare un modulo laddove la legge parla invece della forma scritta o di altra forma, videoregistrazioni o altre ipotesi. Inoltre l’art. 31 parla di consenso e non di consenso informato, ricorda Federico Zanon dicendo che si tratta di una enorme ambiguità di fondo e apre ad una riflessione rispetto alla distinzione tra contratto e consenso informato. Mentre il contratto che più norme ci dicono che siamo tenuti a formulare in modo trasparente e deve essere siglato da qualcuno e per i minori sarà siglato dai genitori, il consenso informato è un complesso processo che consta di due blocchi, il primo è l’informazione che deve essere data e deve poter essere compresa anche dal minore che va necessariamente coinvolto (ed attualmente l’art. 31 non lo prevede), il secondo, a fronte di tale informazione è l’eventuale consenso. Aspetto centrale in tutto questo è che si tratta di un processo che consta di una serie di tappe, dei punti di verifica e ridefinizione. Secondo Federico sarebbe dunque utile dividere i due aspetti (contrattualistico e del consenso) all’interno del codice.

Condivido pienamente la visione che ritrae l’acquisizione del consenso informato come un processo in divenire che consta di una serie di tappe, la cui parte maggiormente rilevante è quella informativa e che sia a carico del professionista dover rendere tale informazione trasparente e comprensibile anche per il minore che deve essere chiamato in prima persona ad esprimere il proprio consenso.

  • L’art. 24 e l’art. 31 andrebbero rivisti insieme in quanto trattano la stessa materia,
    sebbene l’uno per gli adulti e l’altro per i minori.
  • In ambito scolastico Parmentola propone un libero accesso proprio per l’intercettazione del bisogno, anche perché preventivamente non si saprebbe che
    tipo di consenso chiedere. Mentre qualunque cosa cominci dopo necessita del
    consenso di entrambi i genitori.

Condivido pienamente tale proposta che mi pare vada nella direzione di salvaguardare
primariamente l’interesse del minore.

  • Stampa Introduce l’idea che per ogni articolo venga indicato il range di sanzioni applicabili.

Ritengo l’applicazione di tale idea particolarmente complessa, andrebbero infatti pensate anche eventuali aggravanti e scriminanti, individuate le varie fattispecie ecc. Un lavoro non da poco, tuttavia anche tale idea mi trova in linea di principio assolutamente concorde.

A fronte di questo incontro ho avuto la sensazione che ci sia complessivamente una certa trasversale concordanza di vedute rispetto agli aspetti da modificare. Mi auguro che possa tradursi in modifiche fattive e utili per tutta la comunità.

Categoria: Notizie dal CNOP

Jessica Ciofi

Psicologa, Presidente di Professione & Solidarietà, dirigente del MO.P.I. Mi occupo di politica professionale con vari ruoli sin dal 1994 (ben prima della laurea) e di Ecm dal 2004 come consulente di vari provider.


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