In una professione formata per circa due terzi da donne, leggere di Ordini Regionali che parlano di “un primo passo verso l’inclusività”, perché nelle comunicazioni interne si utilizzerà la formula “Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi…” mi lascia alquanto perplessa.
In una recente ricerca del CNOP sulle disparità di genere all’interno della nostra professione (https://www.psy.it/wp-content/uploads/2019/12/ordine-degli-psicologi-libro-QUINTA-USCITA-completo.pdf ) il campione evidenziava una popolazione femminile di circa l’87%.
Nella stessa ricerca si nota come la forbice, tra uomini e donne, si apra soprattutto nel caso della presenza di figli e viene sottolineato quanto le colleghe sentano l’influenza della loro genitorialità sulle scelte professionali fatte.
Le colleghe-mamme affermano di dover fare un passo indietro rispetto alla professione. Utilizzo il verbo DOVERE, perché questa non è una scelta non essendoci tutele o servizi strutturati specifici per queste esigenze all’interno della nostra organizzazione professionale.
Inoltre una parte delle colleghe che hanno risposto all’indagine del CNOP ha dichiarato di aver subito una discriminazione di genere, soprattutto dai propri superiori.
Dall’indagine emerge quanto sia abbastanza diffusa la percezione che, all’interno della comunità professionale, una donna sia costretta a impegnarsi più di un uomo per ottenere gli stessi riconoscimenti. Questo però non basta perché, nonostante tutto l’impegno profuso, i dati sono chiari: nelle tre fasce di reddito più basse si concentra il 92% dei redditi femminili stimati.
Alla luce di questa indagine, già di qualche anno fa e della consapevolezza delle nostre realtà: come rispondono oggi gli Ordini Regionali? Con un cambio di dicitura pensiamo di dare delle risposte adeguate? Si, viene detto che questo è solo un primo passo, ma il primo passo indica anche la direzione intrapresa.
Nella stessa ricerca del CNOP veniva anche chiesto quali potessero essere i primi passi, le azioni necessarie che la Commissione o il Comitato Pari Opportunità presso l’Ordine, avrebbero dovuto attivare per prevenire e contrastare le discriminazioni. Nessuno ha mai parlato di cambiamento di dicitura, ma piuttosto di: azioni a favore del supporto delle carriere femminili ed altri interventi che hanno una reale incidenza nella vita lavorativa delle colleghe stesse. Peccato non aver dato la giusta attenzione ai risultati di questa ricerca!!!
Noi psicologhe abbiamo bisogno di essere incluse all’interno della professione?
Questa faccenda ricorda, per certi aspetti, la fiaba “I vestiti nuovi dell’Imperatore” di Andersen in cui il Re sfilava con un abito trasparente solo agli occhi di chi non era all’altezza del suo compito, finché una bambina con l’intraprendenza di chi non teme l’altro, grida alla folla: “IL RE E’ NUDO!” ed il popolo comincia a ripeterlo, mentre il Re consapevole della verità, prosegue il corteo con i ciambellani che sorreggono uno strascico immaginario.
Certamente viviamo in una fase di cambiamento di modelli culturali ed è importante partire proprio da quello che pensiamo noi donne di noi stesse. In una comunità professionale in cui la maggior parte è composta da colleghe, davvero vogliamo credere che una dicitura possa essere il primo passo di cui abbiamo bisogno? Ci manca davvero la consapevolezza del peso (numerico e valoriale) che abbiamo all’interno di questa comunità professionale?
Il rischio di incorrere nell’errore della corte e del popolo del re sarà sempre dietro l’angolo.
Siamo certe che questo cambio di dicitura sia il primo passo di cui abbiamo bisogno? Il Re è nudo davvero?.