Se ne parla da molti anni e in assenza di una norma nazionale, ogni Regione ha tentato a più riprese di far passare una normazione regionale e finalmente la Campania è riuscita nell’intento, ma con quale risultato? Proviamo ad analizzarlo nel dettaglio.
Cominciamo a dire che il 09 settembre è stato pubblicata la gazzetta ufficiale che contiene il regolamento Burc n. 76 Regolamento regionale (n.8/2022) che prevede l’istituzione di un elenco degli psicologi di base presso ciascuna Azienda Sanitaria Locale del Servizio Sanitario Regionale della Campania;
In questo regolamento credo ci siano alcuni punti degni di nota: accedono agli elenchi istituiti presso ciascuna ASL della Regione Campania gli psicologi e gli psicologi psicoterapeuti che ne fanno domanda e che documentano l’esercizio di attività̀ almeno biennale, con qualsiasi tipo di contratto, nelle ASL, nelle Aziende Ospedaliere, negli Istituti di Ricerca e Cura a carattere Scientifico (IRCCS) e nelle strutture convenzionate della Regione Campania. Per i candidati che presentano attestazione di struttura convenzionata è necessaria documentazione fiscale che comprova l’attività̀ contrattualmente svolta.
Quindi il punto c dell’art. 1 della legge prevede: “assenza di rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato con le strutture del Servizio Sanitario Nazionale o regionale”, ma per accedere agli elenchi è necessario documentare di aver lavorato in una Asl, praticamente la stabilizzazione dei precari.
Tra i requisiti troviamo poi una equiparazione de facto tra la specializzazione e un qualunque master o dottorato in area psicologica, dunque il mio master in psicopatologia forense e criminologia potrebbe essere titolo adatto ad iscrivermi negli elenchi degli psicologi di base…certo solo se avessi lavorato in una struttura pubblica o convenzionata per almeno due anni a qualche titolo…
Terzo punto è l’ art. 6 punto due: come potrei mai perdere il requisito di aver fatto una scuola di specializzazione o un master o di aver lavorato due anni in un ospedale? Non si sa.
Personalmente sono molto scettica sulla frammentazione regionale delle norme e condivido la posizione di quanti, all’interno dei vari governi, hanno impugnato a suo tempo le norme regionali in materia.
La formazione professionale notoriamente è materia concorrente e le Regioni non dovrebbero proporre leggi che sono di evidente pertinenza dello Stato in quanto riguardano la formazione di figure professionali che hanno una rilevanza a livello nazionale.
Credo che questo sia un caso emblematico, mi pare autoevidente che lo psicologo di base non sia figura particolarmente utile in Campania piuttosto che in Veneto.
Di conseguenza, se saluto con entusiasmo il fatto che comunque una qualche norma che regolamenti questo ambito professionale finalmente sia emersa, al contempo sono preoccupata dalle possibili differenze regionali nei titoli di accesso, nella formazione (semestrale in questo caso) che verrà erogata dalle regioni ognuna a propria discrezione e nel ruolo stesso che tale figura svolgerà svolgerà.
Purtroppo tale tema non fa che riproporsi a partire dalla riforma del titolo V della Costituzione che se da una parte ha dato maggiore rilievo, giustamente, ai bisogni specifici di ogni Regione, ha creato dall’altra delle profonde iniquità in materia professionale e ancor di più in materia sanitaria.
Questa preoccupazione potrebbe essere superata qualora le altre Regioni decidessero di adottare un regolamento/fotocopia di quello emesso, in questo caso però mi chiedo se non sia auspicabile un qualche miglioramento.
Se vuoi approfondire a che punto siamo nelle altre regioni su questo tema, non perderti la prossima newsletter di Professione & Solidarietà!