Mi presento, sono la Dottoressa Anna Del Gaudio mi sono laureata in Psicologia Clinica e della Salute presso l’università di L’Aquila e lavoro da circa 30 anni nella Polizia di Stato e già a partire dalle mie prime esperienze nel mondo delle Forze dell’Ordine ho avuto modo di interagire e di venire in contatto con persone, famiglie o, più in generale, contesti sociali che definire periferici, marginali o liminali non chiarisce appieno il loro stato di isolamento, attivo o passivo che sia, e di separazione da una società che dovrebbe essere accogliente e avere uno occhio di riguardo nei confronti degli ultimi.
Negli ultimi 30 anni ho avuto modo di constatare il proliferare di associazioni, circoli, case-famiglia, associazioni umanitarie etc., che hanno fatto del sostegno al prossimo la propria missione, affrontando spesso battaglie più grandi delle risorse di cui effettivamente avevano disponibilità, lavorando in totale o parziale autonomia da enti locali anzi spesso osteggiati dagli stessi.
L’attenzione mediatica si è catalizzata giustamente sulle donne vittime di violenza, sugli anziani vittime di truffa, ma ad oggi ancora nessuno spazio viene dedicato agli adolescenti.
Negli ultimi anni e in particolar modo in concomitanza con il periodo post Covid,i ragazzi dai 14 ai 18 anni spesso si sono resi protagonisti di atti di violenza perseguibili penalmente.
Solo a titolo di esempio vorrei citare la questione del bullismo tra i giovani e nello specifico la crescente incidenza del cyber-bullismo tra i giovanissimi.
Si tratta di tematiche che mutano giorno dopo giorno e che si manifestano attraverso un caleidoscopio di azioni che sfiorano o centrano pienamente l’illegalità.
Il ricorso alla spettacolarizzazione sui social utilizzato da questa generazione definita “senza voce,” rappresenta senza dubbio la via regia per la visibilità e il consenso, l’ultimo baluardo per farsi sentire, un grido d’aiuto che spesso resta inascoltato, giudicato e condannato.
A noi come Forze dell’Ordine non resta che applicare la “Legge” e l’amarezza per l’assenza di una collaborazione sinergica con strutture che possano fornire programmi adeguati e mirati per questi giovani adolescenti, nonché un sostegno psicologico per le loro famiglie.
Io, come psicologa e come rappresentate dello Stato, sento il dovere di stendere una mano che non sia solo compassionevole ma strutturale.
C’è bisogno, a mio avviso, di risorse professionali che siano in grado non solo di fornire sostegno hic et nunc ma anche di stabilire reti di supporto che durino nel tempo.
Implementare e fortificare quei ponti, che a fatica restano in piedi, tra enti di volontariato e Forze dell’Ordine attraverso la figura mediatrice dello psicologo, rappresenta, secondo il mio parere, un obiettivo da raggiungere per il benessere e la salute di un organismo vitale e dinamico quale è quello della Società che spesso definiamo Civile, ma che di Civile ha ancora poco.
Se verrò eletta a rappresentare l’Ordine degli Psicologi sarà un mio obiettivo specifico rendere il più possibile capillare la comunicazione tra enti diversi servendosi, perché no, di figure che hanno, come me o come altri, esperienza di entrambi i fronti, che vivono al di là e al di qua della “barricata”, al fine di intrecciare una fitta maglia di rapporti e di relazioni strutturate e regolamentate che non lasci nessuno indietro e che non si sfili al primo scoglio.
Intendiamo realizzare tale progetto anche attraverso la strutturazione di un osservatorio sulle baby gang e più in generale sui fenomeni di devianza giovanile che possa essere un contenitore utile non solo all’osservazione del fenomeno partendo da più vertici, ma anche un incubatore di progetti da poter realizzare sul territorio.