Il Presidente Lazzari, di recente ha dichiarato:
“il contributo degli psicologi del lavoro potrebbe rendere efficaci ed efficienti le fasi di progettazione, implementazione, erogazione, monitoraggio e valutazione degli specifici servizi, realizzabili nell’ambito dell’orientamento, della formazione e dell’inserimento lavorativo.Tali contributi tecnici, spesso in Italia sottovalutati, potrebbero essere sostenuti con la forma di voucher per l’acquisto di servizi di consulenza psicologica e diventare una proposta fattiva alle istituzioni per sostenere l’occupabilità delle persone e ridurre il rischio di dipendenza dalle forme assistenziali di carattere emergenziale”
Concordo pienamente sull’incipit, come ho scritto più volte, rivolgendomi anche direttamente a vari politici, gli psicologi del lavoro potrebbero dare un contributo determinante per affrontare il problema della disoccupazione che va ben oltre l’incrocio tra annunci e richieste di lavoro…
Tuttavia dissento fortemente sulla seconda parte, a mio avviso i voucher sono una modalità che va benissimo per la clinica, per dare modo ai cittadini di scegliersi il terapeuta che preferiscono senza dover necessariamente ricorrere a quello che trovano nel servizio pubblico territorialmente competente.
Molto diversa è però la psicologia del lavoro, in cui a mio avviso si renderebbe un buon servizio alla società (e anche alla categoria) inserendo in modo strutturale un maggior numero di psicologi nei centri per l’impiego.
Questo consentirebbe non solo di seguire per un tempo congruo progetti specifici, ma anche di individuare rapidamente le situazioni che richiedono interventi clinici da inviare ai servizi competenti sul territorio, oltre a permettere azioni che possano davvero portare ad un incremento dell’occupazione perché tarati sui soggetti e non sull’ipotetico incrocio tra domanda ed offerta. Il sistema dei voucher potrebbe forse essere utilizzato per farli partecipare alle commissioni dei concorsi pubblici, dove sono invece completamente assenti in quanto manca una cultura relativa alla valorizzazione delle competenze trasversali in favore delle competenze tecnico professionali, a partire dalla stessa Università, in cui viene dato per scontato che ad elevate conoscenze corrisponda una automatica capacità di trasmissione delle stesse, senza tenere minimamente in considerazione e dunque senza minimamente valutare le così
dette competenze andragogiche.
Caro Presidente, personalmente apprezzo molto l’impegno per accendere finalmente un faro anche sulla psicologia del lavoro che per troppo tempo è rimasta in ombra rispetto alla clinica, poco citata a livello istituzionale e con poche battaglie combattute in suo favore…
Tuttavia abbiamo idee diverse sull’ inquadramento di questo ramo della psicologia nella società, a mio avviso, non saranno gli interventi spot pagati con i voucher a cambiare le complesse dinamiche sottese all’offerta e alla ricerca di lavoro, credo che perché il nostro intervento possa essere davvero incisivo sia necessaria una presenza continuativa e strutturale.