In questo lungo periodo di lockdown ho avuto il tempo di dedicarmi a una delle mie passioni: il buon cinema. Da casa ho visto tanti bei film che mi ero persa e ne ho rivisto tantissimi altri che mi avevano appassionato. Tra i miei attori preferiti, Robin Williams, che durante tutta la sua carriera tante volte ha trattato, in modo a mio avviso magistrale, il tema del disagio psicologico, del male di vivere.
Ne parlavo a un’amica, condividendo con lei queste considerazioni e chiedendole se anche a lei Robin Williams piaceva altrettanto. La sua risposta mi ha lasciata interdetta: “si anche a me piaceva molto, lo ritenevo una persona molto acuta e molto sensibile ai temi del disagio psicologico, che con i suoi film di fatto ha contribuito a creare informazione su tematiche così complesse della condizione umana e del disagio di vivere. Ma dopo il suo suicidio, onestamente, mi sono sentita un po’ presa in giro. Sembrava tanto avanti e poi alla fine si è suicidato, d’altra parte ho letto che soffriva di depressione, era stato un tossicodipendente e un’alcolista… probabilmente non ne era mai uscito…”
E’ vero, Robin Williams aveva avuto un passato di dipendenze, ma sembra che pochi sappiano che il suo male era un altro: la demenza. Solo dopo la sua morte, l’esame autoptico ha rivelato che il suo cervello era completamente mangiato da quella che si chiama demenza a corpi di Lewy (DLB), una patologia neuro degenerativa che non lo rendeva più lucido e gli stava causando, fra gli altri, terribili sintomi che non si capiva da dove venivano, dalla depressione alle allucinazioni. La moglie riferisce che tutto il suo cervello era devastato, sotto attacco, divorato da un qualcosa a cui, mentre era in vita, non si riusciva a dare un nome. L’autopsia ha inoltre rilevato che il suo era un caso particolarmente grave. Era incredibile che potesse anche solo muoversi o camminare: nonostante tutto, il suo cuore ha resistito a lungo, ma chissà quanto grande era il suo dolore nel rendersi conto che qualcosa di grave e di senza nome lo stava attanagliando e trasformando così profondamente, rendendo la sua vita un inferno. Questo è il quadro che lo portato ad essere suicida all’età di 63 anni.
Ma siccome nel suo passato c’erano stati alcol e droghe, le persone hanno pensato che non lo conoscevamo poi veramente. Era depresso e si era suicidato, fine della storia, ma non è andata esattamente così. Mesi dopo la sua morte, l’autopsia ha evidenziato che i corpi di Lewy occupavano, lesionandolo, quasi ogni area del suo cervello, intaccando il suo umore e i suoi movimenti, e comportando ansia, depressione, paura, allucinazioni, pensieri deliranti, insonnia, paranoia. La demenza non gli era mai stata diagnosticata né tanto meno lontanamente supposta.
La demenza a corpi di Lewy è una malattia devastante, è un killer, è fulminea, progressiva, inarrestabile e sempre più fatale. Colpisce parecchie persone e purtroppo può portare anche a conseguenze tragiche come il suicidio. Per le cure non potremmo essere più lontani, né tanto meno per una diagnosi precoce della malattia, che offrirebbe quantomeno un minimo di serenità.
Dobbiamo sempre ricordare che il nostro cervello non è statico, le sue connessioni cambiano continuamente, si chiama neuro plasticità. Se si subisce un ictus, una parte del cervello viene danneggiata e non tornerà più come prima. Alcuni si riprendono perché il cervello si ricompone, avendo una grande capacità di recupero, ma come ci riesca ancora non riusciamo a comprenderlo. Sappiamo però che le capacità intellettuali procedono di pari passo con questa resistenza. Le persone che hanno una mente brillante, le persone con una buona intelligenza, possono tollerare le malattie neuro degenerative meglio delle persone nella media, riescono a preservarsi meglio, e Robin Williams era un genio. Chi durante tutta la vita ha potuto contare su una buona intelligenza, una scolarizzazione medio alta, una vita sociale ricca, in generale su buone risorse cognitive, se viene colpito da demenza avrà un iter diagnostico più complesso, dovuto al fatto che queste persone per molto tempo sono in grado di impiegare strategie e risorse cognitive idonee a compensare temporaneamente il danno cerebrale. Si chiama riserva cognitiva. Quando la malattia diventa clinicamente evidente, il processo è oramai molto avanzato.
Volendo dare delle demenze una breve definizione e classificazione:
- con il termine demenza si intende una sindrome clinica caratterizzata dal deterioramento della memoria e delle altre funzioni cognitive rispetto al livello di sviluppo cognitivo precedentemente raggiunto dal paziente
- Il deterioramento è documentato da una storia clinica di riduzione di performance e da anomalie evidenziate dall’esame neurologico e dai test neuropsicologici.
Le demenze primarie o degenerative possono essere:
- corticali: demenza di Alzheimer e demenza fronto temporale
- sottocorticali: a corpi di Lewy; Parkinson-demenza; Corea di Huntington; Paralisi sopranucleare progressiva; Degenerazione cortico-basale.
Vorrei mettere qui l’attenzione sia sulla demenza a corpi di Lewy (DLB) sia sulla frontotemporale “comportamentale” (bvFTD), perché ritengo che come psicologi ci possa interessare molto.
Non so a voi, ma a me, nella mia pratica clinica, è accaduto più volte di avere in terapia coppie in cui si verificavano situazioni incredibilmente intricate di conflitti insanabili, inspiegabili e ingestibili, con un tale livello di intrico e follia da non potere credere.
Quando anni fa facevo uno stage al centro demenze dell’azienda sanitaria ricordo che più volte la mia dirigente mi disse: “quando lavoravo in consultorio non so quante volte mi è capitato di ricevere coppie in conflitto che da tempo tentavano strade per uscirne ma senza nessun risultato. Era ovvio che il conflitto di coppia non era il vero problema, ma una degenerazione neuro cognitiva a carico di uno dei due. È incredibile quante situazioni di decadimento cognitivo vengono scambiate per conflitti di coppia: non ne posso più di lui o di lei, non ascolta, gli/le devo dire cento volte la stessa cosa, chiedo di andare a fare la spesa perché non sto bene e non posso uscire, e lui/lei cosa fa? Si ferma al bar a bere un caffè con i vicini e torna appena a pranzo, non è più la stessa persona…”
Ecco perché questo tema mi interessa tanto, in particolare quelle demenze “diverse”, le non Alzheimer, di cui è così difficile la diagnosi perché facilmente confondibili con altri quadri, come appunto quelle a corpi di Lewy e le frontotemporali. Molti luoghi comuni e poca informazione tendono a considerare la demenza come una malattia legata alla vecchiaia, ma non è così. L’Alzheimer è solo una delle demenze possibili, e la più conosciuta, ma il ventaglio è molto più ampio, penso alle demenze frontotemporali precoci che normalmente hanno esordio tra i 45 e i 60/65 anni. Nella “variante comportamentale” (bvFTD) la persona è nel pieno della sua “produttività” a tutti i livelli, e le conseguenze sulla sua vita e su quella dei familiari possono essere devastanti, in quanto il globale e irreversibile decadimento delle funzioni cognitive è accompagnato da alterazioni severe nel comportamento, e dalla compromissione nel funzionamento sociale, lavorativo e familiare della persona.
All’anamnesi si osserva che la comparsa dei primi sintomi può risalire persino a parecchio tempo prima, e questi possono essere scatenati da un evento stressante quale una malattia, un’operazione chirurgica, una terapia farmacologica, una perdita o un trasloco.
Ritengo che per noi psicologi sia importante saperne di più, perché spesso il decadimento cognitivo si associa ad esempio a uno stato depressivo, che può essere la ragione per cui un paziente ci avvicina. Oppure un suo familiare che ci contatta perché “non ne può più”: dottore sono depresso/a, mio marito/moglie non è più lui/lei.
La frontiera tra demenza e depressione non è sempre chiara. Nei disturbi dell’umore è frequente osservare una riduzione della capacità cognitiva: allo stesso modo, il decadimento provocato dalla demenza causa modifiche del tono dell’umore in senso depressivo.
Poiché molti segni e sintomi sono riscontrabili sia nella demenza che nella depressione, risulta difficile capire quali di essi appartengono all’una o all’altra sindrome. Vi sono, tuttavia, alcuni elementi piuttosto utili a tale scopo: il soggetto depresso, a differenza del demente, è consapevole della propria condizione e riesce facilmente a ricordare l’esordio della sintomatologia.
Il paziente demente tende invece a dissimulare le proprie incapacità e, nel tentativo di compensare i propri deficit, può ricorrere anche alla confabulazione.
Agli esordi della malattia le persone affette da demenza in apparenza possono sembrare quelle di sempre e poi all’improvviso può capitare qualche stranezza, per poi tornare il giorno dopo quelle di prima. Poi però, col passare del tempo, queste stranezze diventano sempre più frequenti, con continui sbalzi d’umore. Non è immediato pensare che si tratti di una malattia neuro degenerativa, se poi si tratta di individui dalla personalità spiccata un po’ anche lo diamo per scontato, come dire che più uno è brillante e più tolleriamo che a volte sia strano.
Tornando a Robin Williams, la demenza a corpi di Lewy è particolarmente tragica per il modo in cui provoca picchi di ansia, insicurezza, allucinazioni e false convinzioni che prima non si erano mai manifestate.
Immaginiamo quanto possa essere difficile per un essere umano avere una malattia che sempre più lo priva delle funzioni superiori del suo cervello. La scintilla della gioia sparisce. Ci sono segnali, tipo un arto che si muove in modo meno fluido, o più lentamente, ma l’avanzare dell’età comporta un fisiologico crollo di varie performance ed è facile pensare che si tratti semplicemente di questo, o dei postumi di un infortunio o di un periodo pesante. Noi vediamo solo la punta dell’iceberg.
La demenza a corpi di Lewy come tutte le malattie neuro degenerative intacca connessioni e circuiti. Le patologie di questo tipo vengono causate da un errato mescolamento delle proteine nei neuroni nelle aree del cervello responsabili dei movimenti e del pensiero. Noi abbiamo 70 miliardi di neuroni che si disintegrano lentamente. Questa proteina maligna si chiama alfa sinucleina e colpisce i neuroni di un’area specifica, salvo poi diffondersi in altre zone del cervello influenzandone capacità e connessioni. E quando questa proteina si è diffusa in tutto il cervello quasi ogni neurone nel circuito di sonno, umore, ansia, cognizione è stato influenzato e quello è l’ultimo step, la fase dalla quale nessuno può riprendersi. Il cervello comincia a trasmettere informazioni completamente false. Uno dei sintomi di questo tipo di demenza sono le allucinazioni visive che portano spesso i pazienti a credere che ciò che vedono sia vero. Con l’avanzare della malattia cresce la depressione e le persone ridono sempre meno.
È molto difficile per la nostra società comprendere queste malattie perché vediamo i disturbi psichiatrici in modo sbagliato, si tende a non credere che i cambiamenti chimici nel nostro cervello siano responsabili dei sintomi psichiatrici.
La psicologia e le neuroscienze non sono due mondi lontani e distinti, anche la psicologia studia il funzionamento dei circuiti cerebrali. La demenza frontotemporale come quella a corpi di Lewy comportano sintomi che molti pensano siano relativi soltanto a disturbi del comportamento, non a una malattia specifica. Chi ha il Parkinson ad esempio può tremare (ma non tutti) o non riuscire a camminare, e allora quella viene considerata una malattia. La malattia di Parkinson (MP) non è una demenza, anche se è cugina della demenza a corpi di Lewy in cui può evolvere, nel qual caso non c’è alcuna differenza con altri tipi di demenza, sono solo coinvolti circuiti diversi. Queste patologie, sempre più diffuse in una società che sempre più invecchia, travolgono come un’onda in mezzo al mare, non importa quanto morali, etici, bravi o brillanti siamo: la sofferenza diventa tremenda e la vita cambia drasticamente a causa dei tanti sintomi.
Nel caso specifico della demenza a corpi di Lewy c’è un altro aspetto importante che è l’interferenza anche con il sonno: è il disturbo comportamentale in fase REM che può portare la persona ad “agire” il sogno, spesso un incubo, e colpire chi dorme vicino, gridare, alzarsi improvvisamente dal letto ecc. in una fase dell’architettura del sonno in cui i muscoli dovrebbero essere completamente inerti. Altro passaggio drastico nella corpi di Lewy è la paranoia, si hanno dubbi anche su ambiti in cui non li si avevano mai avuti prima perché si crea una realtà tutta personale, incluse le allucinazioni visive, a volte anche uditive, a volte psicosi.
Per concludere, le demenze non offrono a nessuno l’opportunità di prepararsi perché i sintomi sono solo la manifestazione finale di una patologia che inizia molto tempo prima. Noi vediamo i disturbi mentali e neurologici come fenomeni distinti, ma in realtà sono tutte anomalie dei circuiti cerebrali che si hanno quando il cervello non ci permette più di vivere come un essere umano appagato. Il più frequente disturbo comportamentale delle demenze è l’apatia, scambiata per depressione!
Einstein diceva: la mente è come un paracadute, funziona solo se si apre. E a volte in alcune persone, inspiegabilmente, il paracadute non si apre più, o la fa a intermittenza. Avere una diagnosi aiuta moltissimo, ed è fondamentale che questa sia più precoce possibile. Per questo ritengo che anche noi psicologi clinici siamo chiamati in causa.